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25 gennaio 2016

ALIMENTAZIONE... QUASI ETICA
L'alternativa vegana arriva anche a Bologna, ma...

Nei giorni scorsi è rimbalzata sui media la notizia che il Comune di Bologna ha introdotto l'alternativa vegana nelle opzioni delle proprie mense scolastiche, e subito è scattato un tam-tam di condivisioni e apprezzamento da parte di molti vegani.

Ho verificato quanto previsto dal Comune, sul proprio sito: http://www.comune.bologna.it/istruzione/servizi/3:25151/30555/

Purtroppo non ho potuto condividere i festeggiamenti, poichè, in definitiva, la decisione del Comune non ha fatto altro che ottemperare a ciò che già la Costituzione e le Linee Guida della refezione scolastica del 2010 sanciscono da tempo. Nel mio lavoro mi confronto quotidianamente con istituzioni che sembrano ignorare che l'omessa disciplina delle modalità di conferimento dell'alternativa vegana non rappresenta un reale impedimento, poichè vi sono già svariati riferimenti normativi che sanciscono quello che nel mio libro ho definito "Il diritto al vegetarismo".

Insomma, il Comune di Bologna ha (finalmente) formalizzato qualcosa che già prima era comunque tenuto a riconoscere, ma nel farlo ha mostrato una palese contraddittorietà, poichè ha previsto l'obbligo di corredare la richiesta di "concessione" (tale è) del menu vegano con un certificato medico. Cui prodest? Si tratta di un'iniziativa in cui i buoni propositi rischiano di naufragare contro una contraddizione palese e insanabile: per quale motivo, infatti, chi sceglie un'alimentazione più salutare dovrebbe farlo dietro "permesso", procurandosi addirittura un parere o certificato medico? Ciò è doppiamente incomprensibile, se si leggono le considerazioni del Comune di Bologna in proposito, con tutte le preoccupazioni nei confronti dell'alimentazione a base di carne e derivati del caso.

Per tutto quanto sopra ho deciso di scrivere personalmente al Sindaco, sottolineando innanzi tutto le fonti normative di riferimento, a partire dalle Linee Guida del 2010 che sanciscono: "Vanno assicurate anche adeguate sostituzioni di alimenti correlate a ragioni etico-religiose o culturali. Tali sostituzioni non richiedono certificazione medica, ma la semplice richiesta dei genitori”.

Ma vale anche la Costituzione, e, ormai, perfino la Giurisprudenza, che con la sentenza del TAR di Bolzano n. 245/15, ha ribadito il dettame ministeriale.

 

Qui di seguito il testo integrale della lettera aperta al Comune di Bologna:

 

Egregio Sindaco,
 
ho appreso con interesse dalla stampa che il Suo Comune ha recentemente iniziato a consentire ai genitori vegani di fare richiesta per tale menu presso le mense scolastiche dei loro figli.
La notizia è puntualmente confermata presso il Vostro sito web all’URL: http://www.comune.bologna.it/istruzione/servizi/3:25151/30555/
 
Posso sinceramente esprimere soddisfazione per questa manifestazione di apertura, e riconosco che nel quadro contemporaneo si tratta senza dubbio di un’iniziativa esemplare.
Accanto a quanto sopra, però, vorrei proporLe una riflessione ulteriore, affinchè questa iniziativa possa essere pienamente coerente con gli scopi che si ripropone e con norme e linee guida vigenti. Linee guida sulla refezione scolastica che, sempre dal Vostro sito, pare vengano accettate senza esitazione:
 
La stampa riporta inoltre la Vostra apprensione per la questione salutare:
Nella scelta vegana oltre alle ragioni di tipo etico si aggiungono quelle salutistiche date, per esempio, "dalla crescente preoccupazione per l'utilizzo sempre maggiore di antibiotici e di altri farmaci negli allevamenti e per la correlazione che viene sempre più ad evidenziarsi" tra il consumo di carne (specie quella rossa) e alcune malattie. (fonte: http://bologna.repubblica.it/cronaca/2016/01/21/news/bologna_-131744323/).
 
 
In ragione di tutto quanto sopra mi permetto di evidenziare quanto segue:
 
1) le Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica, pubblicate nel 2010 dal Ministero della Salute, quanto alle esigenze sanitarie ed etico-religiose affermano che: “Vanno assicurate anche adeguate sostituzioni di alimenti correlate a ragioni etico-religiose o culturali. Tali sostituzioni non richiedono certificazione medica, ma la semplice richiesta dei genitori”.
2) I cosiddetti Green Public Procurement (GPP) di cui all’allegato 1 del Decreto Ministeriale 25/7/11 del Ministero dell’Ambiente, all’art. 4.3 sanciscono che: “Sia al fine di tutela ambientale che della salute umana, si sottolinea l’importanza di promuovere il consumo di alimenti vegetali in alternativa a quello degli alimenti di origine animale soprattutto se questi ultimi non provengano da produzioni a minor impatto ambientale (come ad esempio quelle biologiche)”.
3) Il diritto all’alternativa vegana si fonda sugli artt. 2, 3, 21, 30 e 32 della Costituzione.
4) La sentenza n. 245/15 del TAR di Bolzano ha confermato il diritto della mamma vegana di conseguire tale pasto per il proprio figlio al nido, senza certificazione medica di sorta.
 
Insomma, quale avvocato impegnato quotidianamente nell’affermare i diritti all’alimentazione etica, nonché difensore della persona che ha conseguito la suddetta pronunzia del TAR altoatesino, vorrei richiamare la Sua attenzione sul fatto che l’omesso riconoscimento di questo diritto rappresenta una lacuna, ma non ne inibiva di fatto l’esercizio.
Per contro, l’attuale decisione del Suo Comune, di subordinare il conferimento del menu vegano alla consegna di apposito certificato medico (peraltro non meglio specificato il contenuto, da cui anche il dubbio: cosa dovrebbe certificare esattamente il medico?), stride sia con le Linee Guida nazionali di cui sopra, sia con il dettame costituzionale. Cosa ancor più grave, mi sembra che sia ravvisabile una contraddizione tra le premesse, cioè le preoccupazioni collegate all’alimentazione a base di carne e derivati, e le conclusioni: per quale motivo, dunque, non sarebbe necessario accludere una certificazione medica per chiedere che vengano forniti cibi animali, anziché quelli vegetali, dei quali Voi stessi lodate le proprietà nutrizionali e salutari?
 
Insomma, con le modalità presenti, come legale e accademico, scrupoloso studioso della materia, è mio modesto parere che la Vostra determinazione sia per un verso irrilevante, limitandosi a sancire ciò che è già dovuto, e, dall’altro lato, contraddittoria internamente e rispetto alle norme e Linee Guida che ne costituiscono la premessa.
Dopo aver espresso preoccupazioni per il consumo di carne e derivati e l’auspicio di incentivare il consumo di vegetali, in quanto salutari, mi sembrerebbe assai più corretto concludere che quest’ultima dovrebbe semmai rappresentare la normalità, anziché la deroga. Sicuramente non può rappresentare addirittura una scelta discriminante per chi la effettua, che si vede esposto a compiere un adempimento che ad altri (sebbene inclini a una dieta da Voi stessi sottoposta a critica) non è richiesto.
 
Tutte le considerazioni in parola valgono decisamente a smorzare i facili entusiasmi e, mi permetto di suggerire, inducono a ponderare nuovamente scopi, finalità e norme sottese, al fine di non vanificare ciò che nelle premesse e intenzioni appariva come un segnale rassicurante e propositivo, ma che, allo stato dei fatti, ha finito (spero involontariamente) per avallare una discriminazione e la diffusione di un’idea antitetica, cioè che chi mangia in modo più salubre, meno inquinante (e quindi, di nuovo, più salubre), più rispettoso e meno costoso, debba giustificarsi, per derogare a una “normalità” che, per paradosso, è comunque criticata e censurata.
 
Confido che vorrà tenere in una qualche considerazione le mie più che modeste riflessioni e, possibilmente, trarne spunto attivo e fattivo per realizzare appieno un passo in avanti che per ora si è manifestato nelle intenzioni più che nei fatti.
 
Concludo mettendomi a Sua disposizione per qualsiasi chiarimento sull’argomento o sulle fonti menzionate.
 
Cordiali saluti.
 


Avv. Carlo Prisco

Via Corridoni n. 11
20122 - Milano
Tel 0276005741-2-3 Fax 0276005790
carloprisco@carloprisco.it

 

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