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Veganismo |
12 agosto 2016 LA
PROPOSTA DI LEGGE PER PUNIRE I GENITORI (NON)
VEGANI
Social network, giornali, blog, radio e (forse, visto
che chi scrive non se ne interessa) televisioni, sempre
più prodighi nel ricercare - forse perfino inventare -
conflitti, rimbalzano da alcuni giorni la notizia di una
proposta di legge che viene descritta, in modo affatto
allarmistico, come “Carcere per i
genitori vegani”. Seguono interviste a chi
l’ha firmata e che qui non menzionerò per due ragioni:
la prima è che ritengo che in larga parte si tratti di
una trovata (auto)promozionale, che non intendo
avallare; la seconda è che non esistono argomentazioni,
ma soltanto una profonda confusione (a voler essere in
buona fede).
Sempre ipotizzando che un barlume di buona fede possa
esserci, pure in mezzo all’iniziativa di propaganda, le
motivazioni che sono state esposte quale fondamento
rappresentano semmai un interessante spaccato sociale
e culturale di una civiltà – quella occidentale – che
sta accelerando il proprio declino, facendo della
superficialità una ragion d’essere e della politica un
uso puramente strumentale per auto affermarsi. Sì,
perché se è vero che un’informazione strumentalizzata e
travisata dai media è ormai la normalità, fa specie
constatare come chi ha l’ardire di scrivere le leggi che
disciplinano la vita di un popolo affermi di farlo
proprio basandosi su tali, sensazionalistiche quanto
infondate, “notizie”.
Veniamo al merito della proposta n. 3972/16: il
preambolo assomiglia appunto a una rassegna di titoli
scandalistici, facendo riferimento a vicende che
esistono soltanto (così come descritte) nella penna (o
nella tastiera) dei giornalisti. Come ogni
credenza che si rispetti, anche questa ha le proprie
leggende: genitori fanatici che privano i propri figli
dei più essenziali elementi nutrizionali, riducendoli in
fin di vita. Poco importa se in verità quei bambini non
fossero nemmeno vegetariani o vegani, oppure se avessero
malformazioni cardiache o altre patologie congenite:
qualche giornale titolava in quel modo, e quindi perché
darsi la pena di verificare l’affidabilità
dell’informazione (o, per meglio dire, del titolo).
A questo punto si potrebbe dissertare di quante e quali
patologie la scienza ufficiale abbia accertato e
dichiarato essere riconducibili al consumo di zucchero,
glutine, latte, carne, alimenti confezionati, eccetera:
il fatto che tutti questi veleni siano parte consolidata
delle nostre abitudini alimentari impedisce di
considerare evitabili le patologie che ne derivano o
responsabili i genitori che le provocano. Si potrebbe
dissertare, dicevamo, ma ciò avrebbe senso se dall’altra
parte ci fosse qualche riferimento a fatti o dati reali
e dunque confrontabili; ma poiché nel preambolo di cui
sopra non ve n’è traccia, è più che sufficiente
limitarsi a prendere atto che quanto vi si legge è
leggenda, mitologia, fantasia, confusione o
semplicemente consolatoria credenza.
Leggendo il testo vero e proprio del DDL, e non
quello che i giornali o i blog hanno scritto o
intitolato, emerge innanzitutto la prova provata del
fatto che a difettare non sia soltanto la tecnica
legislativa, bensì qualsivoglia forma di conoscenza
dell’argomento: ciò si palesa evidente leggendo il
riferimento alla “dieta
alimentare”. Esiste dunque una dieta non
alimentare? Forse che chi ha scritto il testo temeva la
confusione con la Dieta di Worms o con altre assemblee dei
principi del Sacro Romano Impero? Forse l’eccesso di
zelo di qualche neolaureato preposto alla redazione del
testo? Ma andiamo oltre. Veniamo al dunque. L’allarmismo
creatosi attorno a questa proposta di legge, al di là
del fatto che realisticamente non sarà nemmeno mai posta
in discussione e cadrà nel dimenticatoio nel giro di
poche settimane, è forse giustificato?
A questo punto si verifica il paradosso al quadrato:
gli organi di informazione affermano un fatto che non
sussiste, che si basava a sua volta su fatti
insussistenti descritti dagli organi di informazione.
Certo non può sfuggire l’ironia della circostanza: media
che ormai non forniscono informazioni, ma le inventano,
fino a stimolarne addirittura la creazione. Sì, perché
in effetti in tutto il testo della proposta la parola vegano o veganismo
neppure compare.
Ma allora questa fantomatica legge imprigionavegani
chi si ripropone di punire? Leggiamo: “Chiunque, fuori dei
casi previsti dall’articolo 572, impone o adotta nei
confronti di un minore degli anni sedici, sottoposto
alla sua responsabilità genitoriale o a lui affidato
per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza
o custodia, una dieta alimentare priva di elementi
essenziali per la crescita sana ed equilibrata del minore
stesso è punito con la reclusione fino a un anno. Se
dal fatto previsto dal primo comma comma deriva al
minore una malattia o una lesione personale
permanente, la pena è della reclusione da due anni e
sei mesi a quattro anni; se deriva la morte del
minore, la pena è della reclusione da quattro a sei
anni”.
“Impone o adotta”
è la descrizione di qualsiasi scelta che un adulto
compie in vece del minore che da lui dipende, di talchè
dobbiamo escludere che ciò possa riguardare
specificatamente i vegani.
La condotta stigmatizzata è identificata attraverso
l’espressione “una
dieta alimentare priva di elementi essenziali per la
crescita sana ed equilibrata”: è proprio qui che
l’incontro tra superficialità, lacune tecniche e
confusione raggiunge il suo apice, determinando
l’ennesimo paradosso. Titoli sensazionalistici e servizi
partigiani esclusi, proprio non c’è verso di provare
scientificamente che la dieta vegana non sia salubre o
che la dieta onnivora sia sana.
Come ho già avuto modo di dire molte volte, sotto molti
profili il tribunale, vigendo il principio
dell'onere probatorio, è proprio il luogo ideale per
affermare le ragioni dell’alimentazione vegana, in
virtù del fatto che non è possibile provare
scientificamente ciò che è falso, cioè che quanto deriva
dagli animali e di cui ci si nutre sia benefico o
necessario. E questo nonostante tutt’oggi spetti perfino
a un semplice avvocato chiarire a medici e nutrizionisti
concetti apparentemente elementari come quello che se la
vitamina B 12 non si trova nei vegetali ma viene
prodotta soltanto dai batteri, evidentemente anche
quella presente nei derivati animali proviene dagli
integratori.
Ecco dunque che il paradosso fagocita se stesso e che la
legge imprigionavegani,
per come è formulata, potrebbe tutt’al più essere
utilizzata per punire i genitori che nutrono i propri
figli senza frutta e verdura.
A chi si preoccupa che il progetto divenga legge, una
rassicurazione: al di là del fatto che probabilmente non
verrà neppure mai discusso, certo è che se venisse
approvato rappresenterebbe esattamente l’opposto di ciò
che gli artefici avevano pensato e che i giornalisti
avevano pedissequamente riportato. Sarebbe, insomma,
una legge per punire i genitori NON vegani.
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